1 – Dal Pastore di Erma alla polarità dello Spin

Posted on Giu 8, 2016 in Il diavolo "custode" | 0 comments

Dal Pastore di Erma alla polarità dello Spin

Ombra: “Zona oscura, o di minore luminosità, della superficie di un corpo, prodotta dal fatto che la zona della superficie stessa non è stata esposta alla luce.” (1)

Non si può parlare di ombra senza pensare alla luce, poiché senza di essa non potrebbe esistere.
Entrambi i concetti sono legati assieme in modo inscindibile.
Nel nostro piano di realtà, non esiste un corpo od un oggetto che non proietti ombra e l’ombra è anche la parte del corpo e dell’oggetto che non è interessata direttamente dalla luce.

Essere in luce presuppone direttamente che una parte sia in ombra e che questa zona d’ombra, in qualche modo, denota il limite della luce stessa, la risalta, ne è il profilo.

Pensando ai capolavori classici della pittura, non possiamo non osservare come l’ombra sia indispensabile per la lettura stessa dell’immagine, come sia così drammaticamente indispensabile per il contrasto di emozioni che può suscitare.
Caravaggio - La conversione di San Paolo
(Caravaggio – La conversione di S. Paolo – 1601)

Nella visione riflessa e fittizia della pittura l’Ombra acquista la stessa indispensabilità che il silenzio ha nella musica. È l’intervallo che permette la lettura della luce; inserisce a quest’ultima come un suo aspetto essenziale. (2)

Tornando alla componente visiva del contorno che l’ombra ci enfatizza, prendiamo velocemente in esame una accezione, che non è presente nella nostra lingua.
Dal greco “skià”: profilo, contorno, orlo.
Siamo così in presenza dell’ombra che “definisce”, dell’ombra che delimitando permette di cogliere, separare, di differenziare. (3)

Pertanto, posso iniziare a percepire l’ombra non come un limite ma come una “definizione”, non come ciò che manca ma come il confine che mi definisce (4).

Ma se nell’ambito della pittura tutto questo risulta semplice (ovviamente nella mano dell’artista che è in grado di rappresentare la transizione ed il contrasto tra luce ed ombra), a livello di pensiero, di definizione, filosofia e teologia, lo è davvero?
E come è stato cercato di renderlo nel corso del tempo?

Nella tradizione umana, si è sempre cercato di rendere “finito” ciò che per sua natura è “infinito”. (5)
Molte delle tematiche che un tempo venivano intese come magiche e soprannaturali, oggi possono essere tranquillamente incasellate nei campi morfici (6), nella sincronicità (7), nella reazione degli spin, ecc.
Anche nel campo della psicologia, molti comportamenti oggi assumono una valenza ed una dignità diversa.
Prendiamo ad esempio due estremi temporali di alcuni aspetti del rapporto luce/ombra che si sono susseguiti in due millenni di storia del pensiero umano.

Nella antica tradizione cabalistica essoterica (8), l’aspetto in luce dell’uomo era rappresentato dall’albero della vita con le 10 Sephirot (9), all’interno delle quali trovavano posto i 72 Nomi Divini.

 

Albero della vita base

Gli studi più accreditati indicano come il popolo ebraico avesse mutuato la conoscenza delle entità angeliche durante il periodo di deportazione in Egitto (interessante quindi il fatto che una simile “finitezza” dell’infinito fosse scoperta al cospetto di una raffinata cultura “scientifica” di quel periodo storico).
Alcune successive rappresentazioni (10), indicavano come la tradizione, questa volta esoterica (11), ponesse al centro dell’albero della Vita una undicesima sepiroth (12) denominata Daath che altro non era che il “cancello”, verso la parte oscura dell’albero stesso. La sua ombra.

 

Albero della vita


Un esempio lo possiamo trovare nella descrizione del Genio (o Angelo) Sitael:
La persona nata sotto la sua influenza amerà la verità, terrà scrupolosamente la sua parola, si farà piacere di rendersi servizievole. Il genio contrario domina l’ipocrisia, l’ingratitudine e lo spergiuro”. (13)
Nei trattati magici/cabalistici questa “area” era denominata Goethia (con tanto di infiniti messaggi di attenzione nel praticarla). Ciò che spaventava ed attraeva di più, era la potenza che la parte oscura poteva donare al mago che la richiamava.
Ricchezza, invincibilità, invisibilità, saggezza, preveggenza, potenza sessuale… Tutti portati da demoni, duchi, principi, guerrieri, che si “piegano” al volere di chi li sapeva “evocare”.
Nella “Clavicola di Salomone” (14) curata dal Fusco, troviamo delle note interessanti inerenti la battaglia che il mago deve combattere nel rapportarsi con le entità nere.
Sono queste Forze che il Mago vuole evocare, collegando quelle che si agitano nel suo intimo con le loro matrici universali, spingendole ad esteriorizzarsi in forma simbolica, e costringendole ad agire per il proprio tornaconto”.
Molta attenzione viene posta anche nel cerchio (o circolo) all’interno del quale il mago può operare in quanto deve essere essenzialmente mentale e non, come visto anche in molti film, disegnato a terra. (15)
Ecco quindi un primo punto di riflessione: una volta che ho piegato i demoni dentro di me, vinco la battaglia con l’ombra e posso avere i doni di cui sopra.
Nella tradizione occidentale, il concetto di demone dentro una persona non è stato sempre come valenza di “indemoniato”, ma aveva un carattere di ineluttabilità divina:

XXXVI (2), 1Dice: “Ora ascoltami sulla fede. Con l’uomo sono due angeli, uno della giustizia e l’altro della iniquità”. 2”Come, o signore, conoscerò le loro azioni, poiché entrambi gli angeli abitano con me?”. 3”Ascolta, mi risponde, e rifletti. L’angelo della giustizia è delicato, verecondo, calmo e sereno. (…). 4Guarda ora le azioni dell’angelo della malvagità. Prima di tutto è irascibile, aspro e stolto e le sue opere cattive travolgono i servi di Dio. Se si insinua nel tuo cuore, riconoscilo dalle sue opere”. (16)

Pertanto, per i primi cristiani (il testo è un apocrifo del 120 DC circa), era normale che una persona avesse sin dalla nascita sia un angelo che un diavolo custode.
Il concetto stesso implicito nel nome Lucifero (”portatore di luce”) potrebbe dare spunto ad una serie di riflessioni, ed anche se non è questa la sede più opportuna per tale approfondimento, lo sarà invece il concetto metaforico di assoggettazione del demone come forza oscura e nascosta al nostro interno (come vedremo nel prosieguo del lavoro).

Facendo un salto in avanti di un paio di millenni (anche in questo caso sarebbe interessante approfondire tutto quello che è successo nella storia del pensiero umano da un punto di vista filosofico e religioso sul concetto di ombra), incontriamo Jung ed i suoi studi in relazione all’ombra, dai quali si sono succeduti vari approfondimenti come quello della Carol S. Pearson (17) (trattato più avanti) sull’estensione del concetto di Archetipo.

Oltre allo studio della Pearson, possiamo includere quello di Connie Zweig e Steve Wolf (18) con il quale possiamo iniziare ad incontrare la nostra ombra attraverso una serie di domande e riflessioni incrociate che definiscono una vera e propria Terapia dell’Ombra e quello di Byron Katie che attraverso degli utili stratagemmi ben codificati, permette di svelare la proiezione che facciamo nei momenti di difficoltà e successivamente integrarla (entrambi trattati più avanti).

Come ben spiegato da Mario Trevi e Augusto Romano (19) l’integrazione (intesa come includere in modo organico qualcosa in una più ampia “entità”) dell’Ombra è un momento fondamentale del processo di individuazione e la condizione di ogni ulteriore conquista sul terreno della maturità psicologica.
Nell’ “Energia psichica” (20) Jung fornisce un’immagine della psiche come di una molteplice corrente energetica che in tanto può sussistere in quanto esistono i poli o le differenze di potenziale entro cui l’energia stessa si stabilisce. Da questo punto di vista l’integrazione dell’Ombra consiste appunto nell’assunzione del negativo alla dignità di polo di un campo energetico.
Solo in tal modo l’energia che prima andava dispersa nell’Ombra non riconosciuta o rifiutata diviene disponibile all’Io.

Una volta raggiunta una prima illuminazione dell’ombra e, quindi, integrata dentro di noi tale caratteristica, possiamo iniziare a ripensare alla congiunzione armonica delle forze presenti in natura tanto cara ai filosofi del Rinascimento:
“In primo luogo esiste un’unità nelle cose dove ogni cosa è una con se stessa. In secondo luogo esiste un’unità dove una creatura è unica con le altre e tutte le parti del mondo sostituiscono un solo mondo”. (Pico della Mirandola) (21)
Tale stato interno ci porta ad una lettura degli eventi che avvengono in una chiave diversa. Una chiave “sincronica”.
Jung seguiva costantemente questi sviluppi, in modo particolare la meccanica quantistica che dimostrava che a certi livelli – nel regno delle particelle elementari – il ruolo dell’osservatore si fonde con quello dell’oggetto osservato….. Ma ancora di più, questa violazione del principio di casualità contemplato dalla Fisica classica newtoniana la si riscontra nel paradosso degli “spin correlati” (o quantum entanglement), quando due particelle un tempo venute a contatto tra loro e poi separate a grande distanza sembrano comunicare tra di loro in maniera istantanea”. (22)
Pertanto, la polarità negativa/positiva dello spin, si adatta al comportamento del suo “gemello”.

Come attivare allora la nostra capacità di inversione del nostro spin?
Come si può riuscire ad illuminare consentendo così di sublimare la nostra Ombra?
Ma, prima di tutto, come individuiamo la nostra Ombra?

 

Note

(1) Dizionario Treccani

(2) Mario Trevi ed Augusto Romano “Studi sull’ombra”. Pag. 111 – Ed. Raffaello Cortina Editore – 2009

(3) “Studi sull’ombra”. Op. Citata. Pag. 111

(4) “Studi sull’ombra”. Op. Citata. Pag. 123

(5) http://it.wikipedia.org/wiki/Intuizione_intellettuale

(6) Ogni insieme complesso ed organizzato di attività di un individuo (animale superiore o uomo), che comprende anche sogni, esperienze mistiche nell’uomo, stati alterati della coscienza ed altro, possiede una sua struttura: questi stati mentali e queste attività possono essere trasferiti da un individuo all’altro, proprio grazie al meccanismo di risonanza morfica – http://it.wikipedia.org/wiki/Rupert_Sheldrake

(7) La Sincronicità è un’ipotesi introdotta dallo psicoanalista Carl Gustav Jung nel 1950 per spiegare la contemporaneità di due eventi complessi connessi in maniera acausale: definisce la coincidenza di due o più eventi atemporali (non sincroni), legati da un rapporto di analogo contenuto significativo.La teoria della sincronicità non ha valenza scientifica, ma psicologica. – http://it.wikipedia.org/wiki/Sincronicità

(8) “Esterno, palese, pubblico, detto di una dottrina o di una prassi che può essere conosciuta anche dai profani” – Dizionario Treccani. Versione iPad

(9) Israel Regardie, “La magia della Golden Dawn. Vol. 1”. Pag. 123. Ed. Mediterranee Roma. 1979

(10) Una delle quali anche in “Sepher Yetzirah – Il libro della formazione “ di Georges Lahy. Ed. Venexia. Pag. 112 – 2006

(11) “Di dottrine e rituali riservati ai soli iniziati e la cui conoscenza non è comunicata ai profani”. – Dizionario Treccani. Versione iPad

(12) Le Sefirot nella Cabala ebraica sono le dieci modalità o gli “strumenti” di Dio (a cui ci si riferisce con Or Ein Sof, “Luce Senza Limiti”) attraverso cui l’Ein Sof (l’Infinito) si rivela e continuativamente crea sia il reame fisico che la Catena dei Reami metafisicisuperiori (Seder hishtalshelus) – .http://it.wikipedia.org/wiki/Sephirot

(13) Lenain. “La Magia Divina”. Pag. 42. Ed. Rebis. 2005

(14) Sebastiano Fusco – “La Chiave di Salomone” – Nota 5 a pag. 34 – Ed. Venexia. 2006

(15) “La Chiave di Salomone” – Op. citata, Nota 20 pag. 99

(16) Tratto dal Pastore di Erma – L’angelo della giustizia e l’angelo della iniquità

(17) Carol S. Pearson. “Risvegliare l’Eroe dentro di noi – Dodici archetipi per trovare noi stessi”. Ed. Astrolabio 1991

(18) Connie Zweig e Steve Wolf “Il volto nascosto dell’anima – Capire l’ombra che è in noi” – Ed. Rizzoli 1997

(19) “Studi sull’ombra”. Op. Citata. Pag. 25

(20) C.G. Jung, Energia psichica (1928), tr. it. in Opere, vol. VIII, Boringhieri, Torino, 1976

(21) Massimo Teodorani. “Sincronicità”. Pag. 10 – Ed. Macro Edizioni. 2006

(22) “Sincronicità” – Op. citata pag. 37

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