Il diavolo “custode”

Il Diavolo custode
L’uso dell’Ombra nella scelta di rompere il gioco di specchi nel rapporto con il cliente

Tesi di counseling di Franco Bazzini – Relatore: Dott. Alessandro Quadernucci

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Dal Pastore di Erma alla polarità dello Spin

Ombra: “Zona oscura, o di minore luminosità, della superficie di un corpo, prodotta dal fatto che la zona della superficie stessa non è stata esposta alla luce.” (1)

Non si può parlare di ombra senza pensare alla luce, poiché senza di essa non potrebbe esistere.
Entrambi i concetti sono legati assieme in modo inscindibile.
Nel nostro piano di realtà, non esiste un corpo od un oggetto che non proietti ombra e l’ombra è anche la parte del corpo e dell’oggetto che non è interessata direttamente dalla luce.

Essere in luce presuppone direttamente che una parte sia in ombra e che questa zona d’ombra, in qualche modo, denota il limite della luce stessa, la risalta, ne è il profilo.

Pensando ai capolavori classici della pittura, non possiamo non osservare come l’ombra sia indispensabile per la lettura stessa dell’immagine, come sia così drammaticamente indispensabile per il contrasto di emozioni che può suscitare.
Caravaggio - La conversione di San Paolo
(Caravaggio – La conversione di S. Paolo – 1601)

Nella visione riflessa e fittizia della pittura l’Ombra acquista la stessa indispensabilità che il silenzio ha nella musica. È l’intervallo che permette la lettura della luce; inserisce a quest’ultima come un suo aspetto essenziale. (2)

Tornando alla componente visiva del contorno che l’ombra ci enfatizza, prendiamo velocemente in esame una accezione, che non è presente nella nostra lingua.
Dal greco “skià”: profilo, contorno, orlo.
Siamo così in presenza dell’ombra che “definisce”, dell’ombra che delimitando permette di cogliere, separare, di differenziare. (3)

Pertanto, posso iniziare a percepire l’ombra non come un limite ma come una “definizione”, non come ciò che manca ma come il confine che mi definisce (4).

Ma se nell’ambito della pittura tutto questo risulta semplice (ovviamente nella mano dell’artista che è in grado di rappresentare la transizione ed il contrasto tra luce ed ombra), a livello di pensiero, di definizione, filosofia e teologia, lo è davvero?
E come è stato cercato di renderlo nel corso del tempo?

Nella tradizione umana, si è sempre cercato di rendere “finito” ciò che per sua natura è “infinito”. (5)
Molte delle tematiche che un tempo venivano intese come magiche e soprannaturali, oggi possono essere tranquillamente incasellate nei campi morfici (6), nella sincronicità (7), nella reazione degli spin, ecc.
Anche nel campo della psicologia, molti comportamenti oggi assumono una valenza ed una dignità diversa.
Prendiamo ad esempio due estremi temporali di alcuni aspetti del rapporto luce/ombra che si sono susseguiti in due millenni di storia del pensiero umano.

Nella antica tradizione cabalistica essoterica (8), l’aspetto in luce dell’uomo era rappresentato dall’albero della vita con le 10 Sephirot (9), all’interno delle quali trovavano posto i 72 Nomi Divini.

 

Albero della vita base

Gli studi più accreditati indicano come il popolo ebraico avesse mutuato la conoscenza delle entità angeliche durante il periodo di deportazione in Egitto (interessante quindi il fatto che una simile “finitezza” dell’infinito fosse scoperta al cospetto di una raffinata cultura “scientifica” di quel periodo storico).
Alcune successive rappresentazioni (10), indicavano come la tradizione, questa volta esoterica (11), ponesse al centro dell’albero della Vita una undicesima sepiroth (12) denominata Daath che altro non era che il “cancello”, verso la parte oscura dell’albero stesso. La sua ombra.

 

Albero della vita


Un esempio lo possiamo trovare nella descrizione del Genio (o Angelo) Sitael:
La persona nata sotto la sua influenza amerà la verità, terrà scrupolosamente la sua parola, si farà piacere di rendersi servizievole. Il genio contrario domina l’ipocrisia, l’ingratitudine e lo spergiuro”. (13)
Nei trattati magici/cabalistici questa “area” era denominata Goethia (con tanto di infiniti messaggi di attenzione nel praticarla). Ciò che spaventava ed attraeva di più, era la potenza che la parte oscura poteva donare al mago che la richiamava.
Ricchezza, invincibilità, invisibilità, saggezza, preveggenza, potenza sessuale… Tutti portati da demoni, duchi, principi, guerrieri, che si “piegano” al volere di chi li sapeva “evocare”.
Nella “Clavicola di Salomone” (14) curata dal Fusco, troviamo delle note interessanti inerenti la battaglia che il mago deve combattere nel rapportarsi con le entità nere.
Sono queste Forze che il Mago vuole evocare, collegando quelle che si agitano nel suo intimo con le loro matrici universali, spingendole ad esteriorizzarsi in forma simbolica, e costringendole ad agire per il proprio tornaconto”.
Molta attenzione viene posta anche nel cerchio (o circolo) all’interno del quale il mago può operare in quanto deve essere essenzialmente mentale e non, come visto anche in molti film, disegnato a terra. (15)
Ecco quindi un primo punto di riflessione: una volta che ho piegato i demoni dentro di me, vinco la battaglia con l’ombra e posso avere i doni di cui sopra.
Nella tradizione occidentale, il concetto di demone dentro una persona non è stato sempre come valenza di “indemoniato”, ma aveva un carattere di ineluttabilità divina:

XXXVI (2), 1Dice: “Ora ascoltami sulla fede. Con l’uomo sono due angeli, uno della giustizia e l’altro della iniquità”. 2”Come, o signore, conoscerò le loro azioni, poiché entrambi gli angeli abitano con me?”. 3”Ascolta, mi risponde, e rifletti. L’angelo della giustizia è delicato, verecondo, calmo e sereno. (…). 4Guarda ora le azioni dell’angelo della malvagità. Prima di tutto è irascibile, aspro e stolto e le sue opere cattive travolgono i servi di Dio. Se si insinua nel tuo cuore, riconoscilo dalle sue opere”. (16)

Pertanto, per i primi cristiani (il testo è un apocrifo del 120 DC circa), era normale che una persona avesse sin dalla nascita sia un angelo che un diavolo custode.
Il concetto stesso implicito nel nome Lucifero (”portatore di luce”) potrebbe dare spunto ad una serie di riflessioni, ed anche se non è questa la sede più opportuna per tale approfondimento, lo sarà invece il concetto metaforico di assoggettazione del demone come forza oscura e nascosta al nostro interno (come vedremo nel prosieguo del lavoro).

Facendo un salto in avanti di un paio di millenni (anche in questo caso sarebbe interessante approfondire tutto quello che è successo nella storia del pensiero umano da un punto di vista filosofico e religioso sul concetto di ombra), incontriamo Jung ed i suoi studi in relazione all’ombra, dai quali si sono succeduti vari approfondimenti come quello della Carol S. Pearson (17) (trattato più avanti) sull’estensione del concetto di Archetipo.

Oltre allo studio della Pearson, possiamo includere quello di Connie Zweig e Steve Wolf (18) con il quale possiamo iniziare ad incontrare la nostra ombra attraverso una serie di domande e riflessioni incrociate che definiscono una vera e propria Terapia dell’Ombra e quello di Byron Katie che attraverso degli utili stratagemmi ben codificati, permette di svelare la proiezione che facciamo nei momenti di difficoltà e successivamente integrarla (entrambi trattati più avanti).

Come ben spiegato da Mario Trevi e Augusto Romano (19) l’integrazione (intesa come includere in modo organico qualcosa in una più ampia “entità”) dell’Ombra è un momento fondamentale del processo di individuazione e la condizione di ogni ulteriore conquista sul terreno della maturità psicologica.
Nell’ “Energia psichica” (20) Jung fornisce un’immagine della psiche come di una molteplice corrente energetica che in tanto può sussistere in quanto esistono i poli o le differenze di potenziale entro cui l’energia stessa si stabilisce. Da questo punto di vista l’integrazione dell’Ombra consiste appunto nell’assunzione del negativo alla dignità di polo di un campo energetico.
Solo in tal modo l’energia che prima andava dispersa nell’Ombra non riconosciuta o rifiutata diviene disponibile all’Io.

Una volta raggiunta una prima illuminazione dell’ombra e, quindi, integrata dentro di noi tale caratteristica, possiamo iniziare a ripensare alla congiunzione armonica delle forze presenti in natura tanto cara ai filosofi del Rinascimento:
“In primo luogo esiste un’unità nelle cose dove ogni cosa è una con se stessa. In secondo luogo esiste un’unità dove una creatura è unica con le altre e tutte le parti del mondo sostituiscono un solo mondo”. (Pico della Mirandola) (21)
Tale stato interno ci porta ad una lettura degli eventi che avvengono in una chiave diversa. Una chiave “sincronica”.
Jung seguiva costantemente questi sviluppi, in modo particolare la meccanica quantistica che dimostrava che a certi livelli – nel regno delle particelle elementari – il ruolo dell’osservatore si fonde con quello dell’oggetto osservato….. Ma ancora di più, questa violazione del principio di casualità contemplato dalla Fisica classica newtoniana la si riscontra nel paradosso degli “spin correlati” (o quantum entanglement), quando due particelle un tempo venute a contatto tra loro e poi separate a grande distanza sembrano comunicare tra di loro in maniera istantanea”. (22)
Pertanto, la polarità negativa/positiva dello spin, si adatta al comportamento del suo “gemello”.

Come attivare allora la nostra capacità di inversione del nostro spin?
Come si può riuscire ad illuminare consentendo così di sublimare la nostra Ombra?
Ma, prima di tutto, come individuiamo la nostra Ombra?

 

I volti dell’ombra e la sua proiezione

Rabbi Zusya di Hanipol prima di morire disse:
“Nell’aldilà non mi verrà chiesto: Perché non sei stato Mosé.
Mi verrà chiesto: Perché non sei stato Zusya? (23)

In ambito psicologico, con il concetto di ombra possiamo riferirci ad almeno a tre significati (24):

  1. Ombra come parte della personalità;
    la parte non accettata della personalità (tendenze, caratteristiche, atteggiamenti, desideri inaccettabili da parte dell’io).
    In una nota di “Psicologia dell’inconscio” (25), Jung propone di questa accezione una definizione:
    Con Ombra intendo la parte “negativa” della personalità, la somma cioè delle qualità svantaggiose che sono tenute possibilmente nascoste e anche la somma delle funzioni difettosamente sviluppate e dei contenuti dell’inconscio personale.
    In questo primo significato, possiamo pertanto considerare l’Ombra come una parte inferiore della personalità e quindi una parte della totalità della psiche.
  2. Ombra come archetipo;

    Sempre in un passo di “Psicologia dell’Inconscio”, Jung scrive (26):
    Il diavolo è una variante dell’archetipo Ombra, vale a dire dell’aspetto pericoloso della parte oscura dell’uomo quando non è riconosciuta. Uno degli archetipi che si incontrano quasi regolarmente nelle proiezioni di contenuti collettivamente inconsci è il “demone magico” di effetto particolarmente sinistro”.
  3. Ombra come immagine archetipica;
    Un esempio potrebbe essere il tipico sogno in cui viene a trovarsi il soggetto in presenza di un personaggio particolarmente sgradevole (generalmente dello stesso sesso). In questo caso la possiamo considerare come il prodotto dell’attività dell’archetipo in sé sul materiale rimosso e su quello represso (o comunque più o meno inconscio). In tal caso, la figura sgradevole o moralmente difettosa si compone proprio degli aspetti negativi e inammissibili del sognatore (che in questo modo è posto di fronte a una parte di sé che meno vorrebbe riconoscere allo stato di veglia). (27)

Uno dei personaggi ombra più famosi in letteratura (assieme a Faust ed al Dottor Jekyll) è sicuramente Dorian Gray.
Quante volte siamo inciampati davanti allo specchio ponendoci, almeno fugacemente, il desiderio di apparire a chi incontriamo “con un viso bello e innocente, con modi affabili e gentili, con un’espressione giovanile e intelligente. In questo modo però, siamo inconsciamente ma inevitabilmente destinati a respingere tutte le qualità che non si addicono a questa immagine, che non accrescono la nostra autostima e di cui non siamo orgogliosi, ma che, al contrario, ci fanno provare vergogna e ci fanno sentire mediocri. Alla fine, queste qualità acquistano una loro autonomia, dando vita a un gemello invisibile che ci vive accanto o alle spalle, ma che è talmente diverso da quello che conosciamo da sembrarci un estraneo. L’ombra…” (28)

Quindi, ad un certo punto, inciampiamo improvvisamente ed inaspettatamente sulla nostra ombra. Inaspettatamente perché è come se non fosse una parte di noi. Non facesse parte dell’immagine che abbiamo di noi.

Jung a tal proposito scrive:
L’individuo che desidera una risposta al problema del male deve innanzi tutto imparare a conoscersi, ovvero raggiungere la massima conoscenza possibile della sua totalità. Non deve mai stancarsi di scoprire quanto bene è in grado di fare e di quali crimini è capace e deve guardarsi attentamente dal considerare l’uno come una cosa reale e gli altri come un’illusione. Entrambi questi aspetti fanno parte della sua natura e, se vuole vivere senza ingannarsi o illudersi, come dovrebbe fare, sono destinati entrambi a venire alla luce” (29).
Ed usando sempre le parole di Jung, “Trovandosi faccia a faccia con Mefistofele, Faust non può più dire – Era la brutalità in persona! – ma deve confessare – Era il mio lato oscuro, il mio alter ego, la mia Ombra fin troppo tangibile che non posso più negare.” (30)

L’incontro con la nostra Ombra, il nostro Mefistofele, può essere spaventoso e destabilizzante in quanto riesce a prendere il comando rispetto al nostro Io.

Attingendo ancora al pozzo del pensiero di Jung, incontriamo questa sua riflessione:

L’incontro con se stessi è innanzi tutto l’incontro con la propria Ombra. L’Ombra è una strettoia, una porta angusta, la cui dolorosa costrizione non risparmia nessuno tra coloro che discendono nel pozzo profondo. Ma per sapere chi siamo dobbiamo imparare a conoscerci. Perché dopo la porta, per quanto possa risultare sorprendente, ci aspetta una distesa sconfinata di nuova insicurezza, dove sembra non esserci né interno né esterno, né sopra né sotto, né qui né lì, né mio né tuo, né bene né male. È il mondo dell’acqua… dove io sono contemporaneamente questo e quello; dove sperimento l’Altro contenuto in me stesso e dove l’Altro sperimenta me.” (31)

Spesso si afferma che proiettiamo sugli altri le cause dei nostri problemi. Ma cosa è una proiezione?
Secondo la psicoanalisi, la proiezione è:
…un meccanismo di difesa inconscio con cui il soggetto reagisce a eccitazioni interne spiacevoli da cui non può fuggire, negandole come proprie e attribuendole a cose o persone esterne.” (32)
Quindi, fondamentale per il counselor è effettuare un continuo lavoro su sé stesso in modo che il suo “saper essere” possa volgersi in modo costruttivo ed empatico verso il cliente.
Dando come assunto che tutto ciò che abbiamo nell’inconscio viene proiettato, risulta facile comprendere come si possono sviluppare le antipatie nei confronti delle persone in quanto possono esserci da specchio su tutte quello che noi riteniamo essere le nostre qualità inferiori non accettabili, le immagini ed i pensieri rimossi, le pulsioni ostacolate ed in genere tutto quello che non viene vissuto coscientemente dalla psiche.
Con una semplice frase, Gesù ci illustra drammaticamente il problema che il counselor si potrebbe trovare ad affrontare…
Come puoi dire al tuo fratello: – Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio -, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene nel togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello”. (33)

Pertanto, quando proiettiamo l’Ombra attribuiamo agli altri le caratteristiche che rifiutiamo di noi. In questo modo, ci possiamo permettere di odiare nell’altro ciò che non possiamo odiare in noi stessi poiché dovremmo ammettere che è parte di noi stessi.

Ma l’Ombra che proiettiamo, ha sempre la stessa matrice?

 

“È la pulce d’acqua che l’ombra ti rubò e tu ora sei malato”. (34
)

L’Ombra inconscia

“Non è importante la meta, ma il cammino. (…)
Quando si va verso un obiettivo,
è molto importante prestare attenzione al cammino.
È il cammino che ci insegna sempre la maniera migliore di arrivare, ci arricchisce mentre lo percorriamo, bisogna saper trarre da quello che siamo abituati a guardare tutti i giorni i segreti, che a causa della routine, non riusciamo a vedere.”
(Paulo Coelho) (35)

L’Ombra può scaturire sia inconsciamente che consciamente.
Iniziamo ad analizzare il primo caso.

Essendo inconscia non possiamo vederla direttamente, poiché è nascosta, e pertanto dobbiamo guardare le punte dell’iceberg (36):

  • l’Ombra si nasconde nelle nostre vergogne segrete.
  • l’Ombra si nasconde nelle nostre proiezioni, nelle nostre reazioni violente nei confronti di un aspetto che vediamo negli altri ma non riusciamo a vedere in noi stessi.
  • l’Ombra si nasconde nelle forme di dipendenza.
  • quando parliamo, l’Ombra erompe attraverso i lapsus.
  • l’Ombra erompe attraverso l’umorismo, soprattutto sotto forma di battute crudeli alle spese di qualcun altro e di comportamenti ridicoli.
  • l’Ombra si presenta sotto forma di sintomi fisici. Noi possiamo anche raccontare bugie, ma non il nostro corpo. Noi possiamo anche dimenticare una violenza subita, ma non il nostro corpo.
  • l’Ombra balla nei nostri sogni.

Poiché l’Ombra si forma nella primissima infanzia e che nel tempo, come tutti i caratteri, assume i suoi tratti peculiari e distintivi, risulta necessario affrontarla in un percorso di aiuto in modo da riuscire ad onorarla e comprenderla (in appendice è possibile approfondire tale tecnica).
In tal modo potrà essere più semplice imparare a riconoscerla quando appare per impedirle di sabotare le nostre intenzioni coscienti in modo ricorrente.

Poiché stiamo parlando di temi delicati, non dobbiamo dimenticarci che nel momento che il cliente ed il counselor si incontrano, sono entrambi ad un certo punto del loro cammino, del loro viaggio interiore.

Compito del counselor è quello di aiutare il cliente a percorrere il resto del cammino con le proprie forze e con il bagaglio giusto.
Diventa facile identificare il nostro cammino, il nostro viaggio, con dei riferimenti archetipici che ci entusiasmano ed emozionano.
Come quello dell’Eroe, che è un mito classico e senza tempo e ci unisce idealmente a tutti gli Eroi che ci hanno preceduto e che ci succederanno. È il mito che ci permette di affrontare il balzo temerario nell’oscurità e nell’ignoto e che ci permetterà di avere la forza per affrontare il drago quando si presenterà.

Nel mito classico, la salute del regno rifletteva la salute del Re o della Regina. Quando il Sovrano era ferito, il regno si inaridiva. Occorreva che un eroe intraprendesse la ricerca, trovasse un oggetto sacro, e tornasse per guarire o reinsediare al suo posto il Sovrano.” (37)
Come nella leggenda del Graal e del viaggio di Parsifal.
Ciò che il Sacro Graal simboleggia è la più alta impresa spirituale nella vita di un uomo. In ogni vita c’è una grande impresa da compiere e ogni vita riceve un dono dal Graal.” (38)
Se noi estendiamo il concetto di regno in senso geografico, ad un concetto nostro, interno, diventa facile comprendere come noi possiamo diventare l’Eroe di noi stessi, in modo da poter guarire il nostro Re o la nostra Regina malati.
Carol S. Pearson propone ed individua 12 forme archetipiche come una sorta di mappa interna per prepararsi ad affrontare il viaggio eroico.

L’Innocente che si apre alla vita, l’Orfano che inizia a costruire da sé, il Guerriero che protegge ciò che ha costruito, l’Angelo Custode che si permette di aiutare gli altri, il Cercatore che soddisfa il nostro bisogno di ricerca, l’Amante che si apre per far posto ad un altro, il Distruttore che ha il coraggio di tagliare ciò che ci danneggia, il Creatore che libero da ogni vincolo inventa stadi nuovi, il Mago che alchemicamente sintetizza l’unione del visibile con l’invisibile, il Saggio che con la sua sapienza salomonica avvisa di ciò che il regno ha bisogno, il Sovrano che amministra e guida il nostro regno ed il Folle perché in ognuno di noi c’è il desiderio di fare delle follie che siano per tutti.

Questo film lo dedichiamo ai folli.
Agli anticonformisti.
Ai ribelli.
Ai piantagrane.
A tutti coloro che vedono le cose in modo diverso.
Costoro non amano le regole, specie i regolamenti,
e non hanno alcun rispetto per lo status quo.
Potete citarli, essere in disaccordo con loro,
potete glorificarli o denigrarli,
ma l’unica cosa che non potrete mai fare è ignorarli.
Perché riescono a cambiare le cose.
Perché fanno progredire l’umanità.
E mentre qualcuno potrebbe definirli folli,
noi ne vediamo il genio.
Perché solo coloro che sono abbastanza folli da pensare
di poter cambiare il mondo, lo cambiano davvero”. (39)

Ma le forze archetipiche positive espresse in precedenza, potrebbero essere lette in modo diametralmente opposto.
L’Innocente che ha paura della vita, l’Orfano che si fa sfruttare, il Guerriero che si sente debole, l’Angelo Custode che è in realtà un egoista, il Cercatore che si confà a ciò che ha, l’Amante che si chiude per paura, il Distruttore che annienta tutto ciò che ha attorno, il Creatore che non trova una lavagna dove scrivere, il Mago che opera in negativo, il Saggio che non sa e non vuole dire niente, il Sovrano che fomenta il caos nel regno ed il Folle che non ha più vitalità.
Ovviamente, tra le due rappresentazioni, esistono innumerevoli sfumature di intrecci possibili (Innocente in luce con Orfano in ombra e Guerriero in ombra con Angelo Custode in luce, ecc. ecc.).

Tramite un test specifico è possibile verificare (ovviamente a livello puramente indicativo e non definitivo) in che modo la singola figura archetipica lavora dentro di noi. In questo modo potremmo avere una prima mappa di base sulla quale effettuare sia le nostre riflessioni (se il lavoro è su di noi) che quelle del cliente.

L’immagine seguente (40) illustra come attraverso una riflessione sulle nostre forze archetipiche si possa arrivare ad una maggior consapevolezza e quindi libertà.

Archetipi

Poiché per definizione, chi necessita di un incontro di counseling ha necessità di ritrovare uno stato di benessere, o di far riemergere delle risorse che sono latenti, la seguente tabella (41) può essere un valido sostegno per individuare la forza archetipica più in difficoltà ad emergere.

Archetipi e dipendenze
Archetipo Caratteristica che crea la dipendenza Dipendenza
Innocente Negazione Consumismo / dolcezza / allegria
Orfano Cinismo Impotenza / lamento
Guerriero Stoicismo Impresa / successo
Creatore Ossessività Lavoro / creatività
Angelo Custode Salvataggio Premura / codipendenza
Cercatore Egocentrismo Indipendenza / perfezione
Distruttore Autodistruttività Suicidio / abitudini autodistruttive
Amante Problemi di intimità Rapporti / sesso
Sovrano Bisogno di controllo dall’alto Controllo / codipendenza
Mago Insincerità (immagine) Potere / droghe allucinogene
Saggio Tendenza a giudicare Aver ragione / tranquillanti
Folle Stato di ebrezza Eccitazione / cocaina / alcol

A questo punto possiamo iniziare a capire quale “vicino di casa” del nostro condominio necessiti di più attenzioni.

L’uso di alcune parole della prossima tabella, possono assumere una valenza ipnotica di risonanza molto efficace come sarà possibile vedere in un paio di esempi dei colloqui alla fine del presente lavoro.

Archetipo Traguardo Paura da

superare

Drago o

problema

Risposta

al compito

Dono o Virtù
Innocente Restare al sicuro Di essere abbandonato Lo nega o cerca di essere salvato Fedeltà, discernimento Fiducia, ottimismo
Orfano Ritrovare la sicurezza Di essere sfruttato Lo subisce

soffrendo

Analizzare il dolore dopo averlo patito Interdipendenza, realismo
Guerriero Vincere Di essere debole Lo affronta,

lo uccide

Combattere solo per ciò che conta Disciplina,

coraggio

Angelo custode Aiutare gli altri Di essere egoista Si prende cura del drago o di quelli a cui il drago nuoce Dare senza menomare se stesso o gli altri Compassione, generosità
Cercatore Creare una vita o un modo di essere migliori Del conformismo Lo fugge Essere fedele alla propria natura più profonda Autonomia,

ambizione

Amante Essere felice Di perdere

l’amore

Lo ama Seguire ciò che lo rende felice Passione,

impegno

Distruttore Metamorfosi Dell’annientamento Permette al drago di ucciderlo Lasciar andare Umiltà
Creatore Identità Dell’inautenticità Rivendica il drago come parte di sé Autocreazione, autoaccettazione Individualità, vocazione
Sovrano Ordine Del caos Ne trova gli usi costruttivi Assumersi tutta la responsabilità della propria vita Responsabilità, controllo
Mago Trasformazione Della magia

negativa

Lo trasforma Sintonizzarsi

col cosmo

Potere personale
Saggio Verità Dell’inganno Lo trascende Raggiungere

l’illuminazione

Saggezza,

distacco

Folle Gioia di esistere Della mancanza di vitalità Lo prende in giro Fede nelle risorse della vita Gioia, libertà

Anche se efficaci, le tabelle precedenti portano in sé un pericolo latente che è necessario tener presente.

Focalizzare la nostra attenzione sulla componente in ombra ha la stessa valenza del puntarvi un raggio di luce. La facciamo spostare, ma non la eliminiamo.
Pertanto è necessario arrivare alla fonte dell’ombra sia conscia che inconscia, altrimenti, come in ogni condominio, dovrò imparare a convivere con il vicino antipatico, noioso petulante e che tale rimarrà.
Non è nelle prerogative del counseling indagare nella profondità dell’essere, ma lo è il facilitare l’individuazione del contorno.

 

“Ognuno danza col suo demone e ogni storia finisce bene”. (42)

L’Ombra conscia

“Non occorre essere stanza né casa per essere infestati.
Il cervello ha corridoi che oltrepassano luoghi materiali.
Assai più sicuro è incontrare a mezzanotte
un fantasma esteriore,
che fronteggiar nell’intimo
un più gelido spettro.
Assai più sicuro è galoppare per un’abbazia,
dalle pietre rincorsi,
che ritrovarsi inermi in un luogo desolato
al cospetto di se stessi.
Noi dietro noi stessi celati,
qual orrido sussulto.
Assai meno atterrisce
l’assassino nascosto nella stanza.
Prende a prestito il corpo una rivoltella,
la porta spranga,
trascurando uno spettro superiore – o più”
(Emily Dickinson)

In questo caso possiamo aggiungere, almeno per la parte conscia degli aspetti inferiori della personalità, quella che Jung chiama la “confessione autentica, sgombera di ogni restrizione mentale”. (43)
Non è nello scopo del presente lavoro approfondire gli studi già fatti (44) sul valore terapeutico della confessione nella religione cristiana, ma è sicuramente interessante riflettere su quel particolare stato che mette in relazione il cliente ed il counselor nel momento in cui l’empatia permette di creare nel cliente lo stato d’animo necessario per aprirsi alle proprie paure ed ombre. E forse non è un caso che nella deontologia sia marcatamente espresso il concetto di riservatezza (come lo è da parte del confessore nella tradizione cristiana).
Se per l’ombra inconscia possiamo attuare una serie di tecniche che ci permettono di far focalizzare il cliente su degli aspetti che sino a quel momento non aveva mai considerato, per l’ombra conscia la cosa si complica un po’…
In tal senso, la concezione di Ombra dovrebbe essere estesa ad un livello sovrapersonale laddove è il negativo in assoluto. Il male.
Ecco quindi che entra un parallelismo tra Ombra e “peccato”.
Anche se è necessario mantenerlo in un puro ambito psicologico, non possiamo non considerarlo come un aspetto negativo del destino (sia individuale, sia ereditato da situazioni parentelari).
Gran parte dell’introduzione a Psicologia e alchimia (45) è dedicata a questo problema. Che cosa si deve fare del male? Sembra chiedersi Jung. E la risposta sembra consistere in un’appassionante ricerca del significato individuale che il male ha nel destino personale. Una vita spesa nel diniego moralistico del peccato fondamentale è una vita sprecata, come sprecata è una vita spesa in una sorta di identificazione diabolica con il peccato. Il processo di individuazione vuole dialettica degli opposti e soluzione singolare, unica, irripetibile del conflitto. Una frase di Jung è particolarmente penetrante a tale proposito (46):
“Si può mancare non solo la propria felicità, ma anche la propria colpa decisiva senza la quale un uomo non raggiungerà mai la propria totalità” (47).

Per i greci, l’incontro con la figura d’Ombra aveva una valenza straordinaria. Poiché si vergognavano moltissimo di quello che avevano compiuto, era come se, in quel momento, si fossero persi e di conseguenza avessero agito sotto un impulso irrazionale.
Per tale motivo, imputavano ad una forza spirituale di tentazione divina, nota come “Ate” la perdita della propria volontà sopraffatta da quest’ultima nell’avere un comportamento inspiegabile. (48)

Il passaggio dai greci (che consideravano questo stato d’animo come un fattore demoniaco) ai giorni nostri (dove sappiamo che i demoni sono dentro di noi) (49)  non è stato breve…
A tal proposito può risultare interessante un rapido sguardo su una delle frasi più ermetiche del Padre Nostro.
… e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.”
Il latino in-ducas e il greco eis-enenkes riflettono anche un aspetto peculiare della teologia biblica, in cui l’affermazione della unicità di Dio e della sua azione nel mondo porta alla drammatica consapevolezza che sia Dio stesso a “condurre” il credente “dentro nella prova” (come è narrato, per esempio, nel Libro di Giobbe) (50).

Riflettendo un attimo, che tipologia di clienti “peccatori” possono avvicinarsi al counseling?
Prendendo a prestito il simbolo del Tao della filosofia orientale, possiamo vedere come all’interno di una sfera (il nostro piano di realtà) è presente una componente bianca ed una componente nera e che all’interno di ognuna è presente una piccola area del colore opposto a quella che la contiene.
Quindi, abbiamo una zona nera che è in funzione del bianco, ed una zona bianca che è in funzione del nero. Ed entrambe sono funzionali all’equilibrio dell’armonia del tutto.

tao

Ma non solo nella tradizione orientale abbiamo una divisione tra gli uomini in bianco e nero, tra buoni e cattivi, la troviamo anche in quella occidentale.

Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti” (51).

Quindi, non tutti sono chiamati ad operare nella zona del bene (tralasciamo il “simpatico” aspetto che di quei molti non tutti riusciranno a farlo al meglio… che non compete a questo studio), ma che una parte deve operare nella zona del male.
Compresi quindi i due schieramenti, possiamo tranquillamente e statisticamente escludere chi, per un qualsiasi motivo, esente dal nostro giudizio, opera nel campo del nero (criminali, stupratori, assassini seriali, ecc.) e lasciando una piccola percentuale di possibilità a quelli che gravitano attorno alla piccola sfera bianca.
Pertanto, la nostra opera ed attenzione, sarà maggiormente sviluppata su quanti gravitano attorno alla piccola sfera nera all’interno del bianco.

Riprendendo la tradizione occidentale e quindi la sua matrice cristiana, troviamo un concetto fondamentale per rimanere all’interno della zona bianca. L’esercizio in positivo del libero arbitrio.
Ma è sempre vero che lo abbiamo?
No, talvolta non lo abbiamo. Soprattutto quando dobbiamo “essere” male a sostegno di un bene.
A tal proposito vediamo un passo della Bibbia.

Il Signore disse a Mosé: Mentre parti per tornare in Egitto, bada a tutti i prodigi che ti ho messi in mano: tu li compirai davanti al faraone, ma io indurirò il suo cuore ed egli non lascerà partire il popolo. Allora tu dirai al faraone: “Così dice il Signore: Israele è il mio figlio primogenito. Io ti avevo detto: lascia partire il mio figlio perché mi serva! Ma tu hai rifiutato di lasciarlo partire: ecco io farò morire il tuo figlio primogenito!” (52)

Quindi, come il faraone al quale è stato indurito il cuore, è possibile che anche a noi ci accada di entrare temporaneamente nella zona scura affinché altri possano vivere la loro zona bianca.
Utilizzando in prestito un vecchio proverbio, “Non tutto il male viene per nuocere…”

Ma il significato di indurimento del cuore può rivelarci qualcosa di più utile?
La “durezza di cuore” è chiamata nel Vangelo con il vocabolo greco “sklerokardìa” (letteralmente “sclerosi del cuore”). Il termine “skleròtes” (”sclerosi”) indica l’indurimento o la chiusura delle arterie, per cui il sangue non fluisce con facilità nel nostro organismo, con grave rischio per la salute (53).
Da un altro passo del Vangelo possiamo vedere come non è ciò che arriva dall’esterno che fa male all’uomo, ma ciò che esce dal suo cuore.

20E diceva: “Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. 21Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, 22adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. 23Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo” (54).

Tramite il Decodage Biologique, sappiamo che i problemi relativi all’apparato circolatorio hanno una componente psicologica legata alla perdita del territorio.
Per “conflitto biologico territoriale” s’intende che l’individuo ha perso il suo campo d’azione, il suo “terreno”. (55)
Pertanto, possiamo dedurre che questo è l’ambito principale del counseling in appoggio al cliente che deve trovare un senso alla propria ombra conscia (anche nella religione, se un fedele è inconsapevole – e quindi inconscio – che qualcosa è peccato, non ha peccato…).

Ma non tutto può volgere in una risoluzione positiva…
Mancano ancora due aspetti da considerare.

Scissione dell’Ombra

Ovviamente, può succedere che avvenga nel cliente un rifiuto più o meno totale dell’Ombra in quanto non si riconosce nelle proiezioni esercitate né nelle rivelazioni della parte inferiore della psiche.
Il soggetto, allora, per così dire, amputa da sé la propria Ombra, e si condanna a vivere una vita psichica parziale, forzatamente ridotta alla parte in luce della personalità. L’Ombra, come osserva Jung, viene abbandonata al negativo, al “male”, ed è forzata, per così dire, a vivere di una vita autonoma, senza alcuna relazione con il resto della personalità. (56)
Un classico esempio di quanto sopra ci viene offerto da Stevenson nel suo libro “Il dottor Jekyll e Mr. Hide”, dove il virtuoso Dottor Jekyll è costretto a vivere una doppia vita (a causa della sua incapacità di riconoscere ed integrare la parte inferiore della sua personalità) duplicandosi nella sua terribile Ombra e rendendola così autonoma ed incontrollabile dall’Io.

Identificazione con l’Ombra

A tal proposito Jung scrive:
(…) Un uomo posseduto dalla propria Ombra (…) inciampa costantemente nei suoi errori. Ogniqualvolta è possibile, egli preferirà fare un’impressione sfavorevole agli altri. A lungo andare la buona sorte è sempre contro di lui, poiché egli vive al di sotto del proprio livello e, nel migliore dei casi, raggiunge solo quello che non gli compete e non gli concerne. Se non c’è alcun ostacolo in cui inciampare, egli se ne costruirà uno apposta e poi crederà fermamente di aver fatto qualcosa di utile”. (57)


Alcune considerazioni

Una volta definito quali sono i molteplici aspetti ombra diventa fondamentale per il counselor conoscersi in modo da saper riconoscere quando un aspetto della propria ombra entrerà in risonanza con quella del cliente.
Tale conoscenza ci riporta idealmente al concetto iniziale in cui il mago evocando il demone lo pone al suo servizio. Perché di servizio stiamo comunque parlando.
Un servizio volto a far si che il cliente possa avere tutte le sue risorse, sia in luce che in ombra, a disposizione.

Fondamentalmente nel rapporto counselor e cliente abbiamo tre possibilità:

  • il counselor aiuta il cliente ad identificare i propri aspetti ombra (ed in questo caso si possono utilizzare i vari sistemi descritti in precedenza) sia consci che inconsci.
  • il counselor entra in risonanza con l’ombra del cliente ed usa la propria per agevolare e velocizzare il processo di ridefinizione.
  • il counselor non entra in risonanza con l’ombra del cliente ma usa comunque un aspetto della propria ombra per agevolare comunque tutto il processo.

Ma quando si parla di risonanza a cosa facciamo riferimento?
Possiamo pensare che il rapporto empatico (58) possa avere una estensione, basata anche su base scientifica, che permetta di accedere a delle aree “comuni” dove avviene una sorta di “magia” risolutrice?
In tal caso, diventa importante il significato di “esserci”, di “essere presenti” nel qui ed ora, di “essere neutri”, di essere “specchio”, tenendo ben presente che “magia” è tutto ciò che la scienza non è ancora riuscita a spiegare.

 

Pillola azzurra o pillola rossa? (59)

Cerco di aprirti la mente, Neo,
ma posso solo indicarti la soglia.
Sei tu quello che la deve attraversare (60).

Una frase del fisico David Bohm (1917 – 1992) illustra perfettamente la possibile sinergia tra come la fisica e la mente abbiano ancora molto da esplorare:
Estendendo il concetto di totalità all’uomo, noi vediamo che ciascun essere umano partecipa in modo inseparabile alla società e al pianeta come un tutto. Ciò che si può ulteriormente suggerire è che una tale partecipazione si esplichi in una mente ancora di più vasta portata che in linea di principio sia in grado di andare indefinitivamente anche oltre la specie umana come un tutto. Ciò può essere messo in relazione con alcune delle nozioni proposte da Jung” (61).

Iniziano così ad avere un riscontro scientifico le intuizioni di Jung sull’inconscio collettivo e sulla sincronicità.
Secondo Jung, l’inconscio collettivo non è una realtà soggettiva ma una realtà psichica (62) comune a tutti gli esseri ed è situato al di fuori dello spazio e del tempo. Una sorta di coscienza superiore alla quale sono connesse tutte le coscienze personali.
Questo è il luogo degli archetipi (63) (visti come centri di energia psichica) e quando l’archetipo viene caricato emozionalmente si possono verificare degli eventi sincronici (64).

La sincronicità avviene come coincidenza di eventi nello spazio e nel tempo come qualcosa che va ben oltre il puro caso; si tratta di una peculiare interdipendenza di eventi obiettivi tra loro oppure di eventi sincronici con lo stato soggettivo dell’osservatore” (65)

Possiamo quindi iniziare a pensare a questo luogo, l’inconscio collettivo, come una sorta di “campo informativo” di natura non locale come intuito da David Bohm e Wolfang Pauli (1900 – 1958) nella loro variante della meccanica quantistica. (66)
I concetti quantici implicano che il mondo agisce più come un’unità indivisibile, in cui anche la natura intrinseca di ciascuna parte (onda o particella) dipende in un certo grado dalla sua relazione con ciò che lo circonda.” (67)

Abbiamo quindi una visione di un universo olistico, organico.
Un universo che è in continuo movimento e mutamento ma che mantiene sempre una correlazione di causa ed effetto tra i suoi componenti: l’entanglement quantistico (68). Dove due sistemi quantistici di qualunque natura che hanno interagito almeno una volta non possono più essere separati (69).

Questo è stato dimostrato in un esperimento formulato da Bohm a seguito del paradosso di Einstein, Podolsky e Rosen (Paradosso EPR) (70).
Separando due particelle accoppiate nate nello stesso evento, si poteva osservare come il comportamento dell’una si rifletteva automaticamente anche nell’altra (inversione dello Spin) anche se separate e distanti l’una dall’altra. Questo collegamento tra le particelle è istantaneo e supera la velocità della luce (71).
Da questo nasce l’intuizione del teorema (72) del fisico John Bell (1928 – 1990) così sintetizzata da Fabio Marchesi:
Nell’universo vige un principio di non località, attraverso il quale i fenomeni avvengono come se ogni cosa fosse in diretto e istantaneo contatto con ogni altra, indipendentemente dallo spazio fisico che le separa.” (73)

Ma non solo è influenzabile il comportamento di due particelle gemelle, lo può essere anche un generatore REG di numeri casuali (Random Event Generator).
Negli ultimi trent’anni, l’ingegnere e fisico Robert Jahn e la psicologa e statistica Brenda Dunne, presso il laboratorio PEARL (Princeton Engineering Anomalies Research Lab), hanno potuto osservare e verificare come la presenza di una persona con particolari intenzioni mentali attivi degli stati psichici che partendo dall’inconscio determinano l’accadimento di eventi coincidenti (sincronici) che si manifestano in una deviazione del REG dalla distribuzione statistica casuale standard prevista in assenza di quella persona (74).
Che non è altro che “l’osservatore che influisce sull’osservato” (Principio di indeterminazione di Heisenberg) (75).
E qui, non possiamo che osservare come certe intuizioni di questa fisica ricordino certi spunti “esoterici/cabalistici” già visti all’inizio di questo lavoro.

Ritornando un attimo al concetto iniziale di inconscio collettivo di Jung, possiamo trovare nell’ipotesi (perché non dimostrata scientificamente anche con formule matematiche) dei campi morfici di risonanza del biologo Rupert Sheldrake una conferma di come esso possa essere alimentato.
È stato osservato che un nuovo comportamento, quando è utilizzato da un numero significativo di esseri viventi simili tra di loro, automaticamente si diffonde a tutti gli altri esseri viventi della stessa specie anche in assenza di contatti.
Tale fenomeno di “trasferimento di informazioni” avviene, secondo Sheldrake, attraverso una forma di risonanza che unisce tutti gli esseri appartenenti alla stessa specie e che hanno la stessa forma (indipendentemente dallo spazio e dal tempo tra di loro).
L’esperimento più importante e popolare che avvalora tale ipotesi è quello descritto da Lyall Watson nel 1979 e conosciuto come il fenomeno della “centesima scimmia”. (76)

Ed è sulla base di queste intuizioni, scoperte ed esperimenti che il rapporto empatico con il cliente inizia ad assumere anche altre connotazioni.

Se noi siamo connessi ad un campo informativo comune non locale (inconscio collettivo), se in questo campo prendono forma delle forze archetipiche caricate di emozioni che sincronicamente ci collegano ad altri campi quantici e se nel momento in cui si entra in contatto con un altro campo quantico (cliente) possiamo determinarne, in un certo qual modo, il comportamento, possiamo utilizzare tutta questa energia in modo che avvenga un veloce “atto magico” risolutivo attraverso l’uso dell’ombra?

Si, ad alcune condizioni.

  1. Dobbiamo effettuare continuamente un percorso di supervisione in cui possiamo continuare a conoscere e riconoscere le nostre ombre per non esserne sopraffatti.
  2. Dobbiamo essere consapevoli che la “zona di confort” del cliente si rompe solo con una “inversione di polarità”.
  3. Dobbiamo essere coscienti che nel momento in cui si iniziano a far esplorare delle zone di ombra al cliente possiamo esserne presi a nostra volta.
  4. Dobbiamo mantenere un atteggiamento neutro (la protezione nel cerchio magico del mago affinché il demone sia al “servizio”) ed accogliente di fronte a qualsiasi manifestazione.

Con queste condizioni, è possibile facilitare in modo più veloce il cliente affinché possa trovare al suo interno le risorse necessarie.
Velocemente perché assumendo che il cliente non è conscio delle proprie zone di ombra e che queste siano state nascoste e negate per molti anni, l’effetto risultante potrebbe essere paragonato a quello di un palloncino pieno di acqua sopra la sua testa al quale basta solo una piccola puntura di spillo per esplodere.
Ed è il quel momento che il cliente, sorpreso e bagnato, esce dalla sua zona di comfort dove tutto viene portato alla luce, tutto è allo scoperto e quindi, ristrutturabile in modo più agevole e veloce.

Tornando al concetto dell’Albero della Vita cabalistico (visto all’inizio di questo lavoro), è come se si fosse individuata ed aperta la porta di accesso del Daath, del lato oscuro, ed usassimo la forza che è lì costretta per delineare ed enfatizzare al meglio la figura del cliente (un po’ come Caravaggio riesce a far risaltare i personaggi).

Forse, alla luce di tutto questo, nel linguaggio alchemico ed occultista dei maghi del medio evo, il significato di assoggettazione del demone al proprio servizio si riferiva anche ad una scoperta del proprio lato oscuro in modo da poterne conoscere sia la pericolosità che la forza.

Ed è nel momento in cui aiutiamo il cliente a scoprire di avere un ombra che non è solo negativa e vergognosa, ma che riesce comunque a caratterizzarlo ed enfatizzarlo, che gli restituiamo la piena libertà di operato.

 

“Si farebbe molto prima
se lei tornasse vestita soltanto del bicchiere” (77)

Eh già… la provocazione di Ligabue potrebbe rispecchiare molto bene il tempo che il counselor “spende” nel relazionarsi con il cliente affinché esso possa scoprire tutte le risorse latenti che ha a disposizione.
In effetti, si farebbe molto prima se il cliente avesse già le idee chiare di quali sono i suoi blocchi, i suoi dubbi.
Molto spesso, partiamo da problemi marginali che sono la buccia più esterna della cipolla, ed entriamo dentro seguendo la “rotta” che il cliente lascia intravedere dalle sue affermazioni e contraddizioni.
Tramite l’ascolto, la riformulazione e la ristrutturazione, cerchiamo di tenere la “barra a dritta” per non venir “affogati” dal fiume di parole in arrivo e che molto spesso servono soltanto per occultare il vero problema.
Come in un gioco di specchi, le parole del cliente rimbalzano continuamente generando un effetto di “fata morgana” (78) con il quale il cliente si ripara da quello che pensa essere un dolore troppo forte da tirare fuori.
Nella peggiore delle ipotesi, un semplice contratto, di 4/5 incontri, tra cliente e counselor su cosa poter fare in caso di allergie cutanee, può diventare una “semi-analisi” dalla durata indefinita.
Come se la prima buccia della cipolla, avesse ricoperto strati e strati di risentiti emozionali che non avevano alcuna voglia di farsi vedere.
Ma è in questi casi che il nostro “diavolo custode”, ormai nostro fedele alleato, può venirci in soccorso per velocizzare tutto il processo.
Allergie all’abbandono

In questo colloquio, il counselor aiuta il cliente ad identificare i propri aspetti in ombra senza entrarci in risonanza.

Cliente: Il discorso che mi ha fatto sulle allergie mi ha colpito. Io ho avuto delle reazioni allergiche da gennaio che non so da che cosa mi sono venute fuori.
Counselor: Potrebbe farmi capire meglio?
Cliente: Ancora una spiegazione ben precisa non me la sono data, perché dalla dermatologa non ci sono andata. Una mattina mi sono svegliata ed avevo una serie di bollicine rosse sulla parte alta delle braccia (poche) e sul torace (molte).
Counselor: Se lei cercasse in questo momento di tornare a “gennaio”, che sensazioni prova dentro di lei “in quel momento lì”?
Cliente: In quel momento lì c’erano altre cose che mi davano veramente rabbia. Che mi dettero fastidio… Si. Era tutto un insieme di cose…
Counselor: Me ne può parlare?
Cliente: Certo. Secondo me ci fu una “gocciolina” che fece traboccare il vaso. Io sono andata a fare un corso di riqualificazione professionale. Il mio obiettivo, a differenza di molti partecipanti che aspirano a trovare un lavoro al termine, era quello di rimanere sul mercato con una qualifica professionale buona. Loro, magari, riescono ad avere sempre quello stato di tranquillità o di serenità che io non ho. Dopo ci sono tutte le rinunce che devi fare, anche di vita… Non posso andare a mangiare la pizza… In quest’altro posto non ci posso andare… Ma come… Io che ho lavorato tutto questo tempo… Di rinunce in questi ultimi anni ne ho fatte tante, e dover rinunciare anche ad una stupidaggine come spendere 10 o 20 euro per star bene “te”. Prima ero abituata a “buttare via” 100 euro… ma l’avevo fatto per me… cosa me ne importa se le ho buttate via. Avere anche il senso del rimorso per queste cose che io non ho mai avuto… mai sentito. Quando una cosa la facevo per me, poteva essere qualsiasi tipo di cosa…

Già da queste parole diventa chiaro come le caratteristiche dell’archetipo dell’Orfano siano predominanti (cinismo, impotenza e lamento). Pertanto, diventa facile instaurare una riflessione sui punti chiave dell’archetipo stesso per ristrutturare tutto il contesto.

Archetipo Traguardo Paura da

superare

Drago o

problema

Risposta

al compito

Dono o Virtù
Orfano Ritrovare la sicurezza Di essere sfruttato Lo subisce

soffrendo

Analizzare il dolore dopo averlo patito Interdipendenza, realismo

Counselor: Lei sta cercando di ritrovare la sua sicurezza anche se in questo momento sta soffrendo perché subisce tutto questo. Forse, visto che lei ha delle doti molto alte di realismo, potrebbe valere la pena di analizzare il dolore che sta sentendo?
Cliente: Si… è vero… è proprio un dolore. E non mi sono mai chiesta perché lo sento così forte…
Counselor: Mi può dire di più a questo proposito?

Da questo momento in poi, la componente in ombra non è più nascosta ed il cliente ha la possibilità di indagare sul concetto del perché prova quel dolore e non sul perché dell’ingiustizia subita che lo avrebbe portato su una falsa pista.

Tramite il test sul Viaggio Eroico e gli Archetipi, il cliente ha potuto così iniziare una riflessione ad ampio spettro sul momento che stava attraversando in relazione alle paure provate, riuscendo ad evidenziare le sue risorse ed i blocchi.
Il distruttore nascosto

In questo colloquio, il counselor aiuta il cliente ad identificare i propri aspetti in ombra entrandoci in risonanza.

Counselor: Mi aveva accennato al telefono che sente di essere come bloccata…
Cliente: Mi sono sempre resa conto di quando sono bloccata. Anche fisicamente non ce la facevo a muovermi. Quando me ne rendo conto…
Counselor: Se ne rende conto…
Cliente: Si, ma non posso fare niente. Ed è quello che mi fa ancora più rabbia ed ancora più male.
Counselor: Se dovesse trovare un termine che identifica la sua sensazione di dire “so di essere bloccata”, quale potrebbero essere?
Cliente: Soffocamento.
Counselor: Soffocamento… Dove le si manifesta?
Cliente: Non riesco a respirare come vorrei. Respiro solo con una parte.
Counselor: Respiro…
Cliente: Quando ho quel senso di soffocamento riesco a fare male le cose perché non ho energia. È come se fosse tutta incatenata, bloccata e non riesci a metterla in pratica. Tutte le volte il senso di impotenza, di non poter fare, mi ha sempre buttato fuori carreggiata. La frustrazione, mi sento frustrata. Mi sento prigioniera dentro una gabbia in cui mi posso muovere solo limitatamente.
Cliente: Certe volte ho anche paura se mi capita qualcosa di bello, di star bene… Non la vivo più, non riesco a viverla perché ho paura. Mi dico che se adesso sto bene 5 minuti, quanto li pago questi 5 minuti? Dopo cosa mi capiterà di brutto? Non riesco più a prendere il beneficio che mi possono dare. Ho sempre paura che quella cosa non mi porti quello che mi deve portare. Posso allentare un po’.. ma non c’è quella emozione bella, forte, che uno ha se prova… Ho paura anche a provarla. Se mi dicono di andare in un posto perché posso stare bene, stia tranquillo che io non ci vado…

Qui è forte la sensazione trasmessa del volersi piano piano annientare che è la caratteristica chiave dell’archetipo del Distruttore che entra in risonanza con quella del counselor (che prova del disagio nei confronti delle persone che si vogliono sentire impotenti).

Archetipo Traguardo Paura da

superare

Drago o

problema

Risposta

al compito

Dono o Virtù
Distruttore Metamorfosi Dell’annientamento Permette al drago di ucciderlo Lasciar andare Umiltà

Counselor: Forse sto per dirle un’immagine forte, ma è come se mi avesse dipinto un voler piano piano annientarsi perché non riesce a lasciarsi andare…
Cliente: Non posso lasciarmi andare! Non voglio perdere il controllo!
Counselor: La parola Umiltà cosa le fa venire in mente?

Ed ecco che sotto il primo strato di cipolla inizia a delinearsi il primo carico di risentimento represso.
Da qui in poi il raggiungimento dell’obbiettivo verterà su come il cliente può gestire con umiltà la paura dell’annientamento utilizzando alcune domande della Terapia dell’Ombra come ulteriori spunti di riflessione.

 

La tela del ragno

In questo colloquio, il counselor usa la propria ombra per far evidenziare al cliente degli aspetti che lo limitavano nella comprensione di un accadimento.

Counselor: Quando mi raccontava della sua condizione attuale, ho percepito un piccolo disagio nella sua affermazione di essere single.
Cliente: In effetti si… Posso dire che sono effettivamente single da 6 mesi circa. Non ne potevo più… Lui è sempre stato un prepotente ed un dittatore…
Counselor: Mi può far capire meglio?
Cliente: Sin dall’inizio ha dettato sempre lui i tempi su quando e come dovevamo vederci. Ma ne ero, ed in parte ne sono ancora, innamorata e coinvolta. Ha una mente contorta ed affascinante allo stesso tempo. Ho provato a fargli capire che si sta facendo del male, ma lui ridendo mi diceva che sta comunque bene così. E così ha avuto tutti i rapporti precedenti con le sue ex. L’ultimo, quello prima di me, è durato tantissimo. Quasi dieci anni…
Counselor: Sa che mi sta facendo venire in mente l’immagine di un serial killer?!
Cliente: È vero! Lui non ha mai cambiato il suo modo di agire!
Counselor: È come se fosse un ragno che piano piano tesse la sua tela sino ad avvolgere completamente la preda…
Cliente: È proprio così! Meno male che sono riuscita, in qualche modo, ad uscirne presto…
Counselor: Quanto è durato il rapporto con lui?
Cliente: Bhé… tra lasciarsi e riprendersi… praticamente 5 anni.
Counselor: Però… stava quasi per arrivare al suo record di 10 anni!
Cliente: Sa che non ci avevo fatto caso?…
Counselor: È indubbiamente un bravo serial killer… Il fascino dell’oscuro e dell’ombra ha sicuramente una presa molto forte in chi vi entra in risonanza. Secondo lei, quali aspetti “neri” la affascinavano a tal punto di permettergli di essere un prepotente ed un dittatore? In quali di questi aspetti si potrebbe riconoscere?

(lungo silenzio)

Cliente: In questo momento non mi sento di rispondere… Ma inizio a capire tante cose… sulle quali voglio iniziare a rifletterci in modo diverso… Come sulla mia voglia di fargli del male… fisico… Grazie per avermi aperto a questa possibilità…
Lo spietato in azione

I primi colloqui con il cliente erano stati soltanto un gioco di specchi su tematiche che vertevano sempre sull’insoddisfazione di vivere ma senza portare mai il cliente nella condizione di riuscire a vedere da cosa poteva nascere tutto questo disagio.
In questo colloquio (il terzo) il counselor usa la propria componente ombra (l’essere “spietato” – individuato attraverso “Il Lavoro” di Byron Kathie) per creare una breccia ed affrontare il tutto in modo diverso.

Counselor: Quante volte sceglie di vivere positivo? Quale è l’ultima cosa positiva che si ricorda e che le ha lasciato dentro una bella sensazione?
Cliente: Mi ricordo l’anno scorso quando sono andata al mare con Laura…
Counselor: Se ricordo bene, mi aveva raccontato di una serata bellissima con una sua amica alla notte bianca di Firenze qualche settimana fa. Possiamo definirlo un ricordo positivo?
Cliente: Si è vero…
Counselor: Potrebbero esserci altri ricordi positivi che sta “cancellando”?
Cliente: Può darsi…
Counselor: Secondo lei quale potrebbe essere il motivo per il quale c’è bisogno di cancellarli?
Cliente: Perché quando avviene io non lo vivo. Perché ho paura che mi succeda qualcosa che non me lo faccia godere.
Counselor: E quale potrebbe essere il motivo per il quale è necessario far sparire questi momenti positivi e far riemergere solo quelli del “lontano” passato? Quale forza ci da il passato per il quale debba essere così “adorato” e non il presente?
Cliente: Non c’è un perché… non c’è un perché… Anche per l’ultimo dell’anno siamo stati bene… Ed anche sabato scorso con le altre amiche… Una serata divertentissima… Però c’è sempre quella amarezza… Quel non vissuto… Quasi fossero risate per non piangere.
Counselor: Mi può far capire meglio? Cosa la porta a dire tutto questo?
Cliente: Che il tempo è passato… e chi ha avuto ha avuto… Noi non scegliamo niente… crediamo di scegliere.
Counselor: In questo momento che forza ci danno queste affermazioni? Il pensare che non si sceglie niente ci potrebbe portare a scegliere di mettersi fermi.
Cliente: Certo! Ed è quello che faccio.
Counselor: Come può essere possibile che cambi qualcosa?
Cliente: Tanto qualsiasi cosa che faccio è un disastro. Preferisco stare ferma…
Counselor: Cosa le ha portato l’esperienza degli incontri che facciamo assieme?
Cliente: Ti rimette a confronto con te stessa. Ed ho ritirato fuori quello di cui ho paura che mi faccia male. Ho paura che mi possa ricreare ulteriori problemi. Il lavorare sulle emozioni represse mi è servito molto
Counselor: Sapendo che si poteva arrivare a questo, cosa l’ha spinta ugualmente a farlo?
Cliente: Sto cercando di tirarlo fuori per non star male ancora fisicamente. Per cercare di capire quanto il male ed il dolore sono profondi. Non riesco ad estirparli. Mi dico che ho diritto di vivere la vita nel migliore dei modi… ma non riesco… Vedo sempre un baratro davanti. Quindi, non posso un’altra volta buttare tutto dentro con il rischio che mi causi ulteriori danni fisici.
Counselor: Se dovesse sentire nel corpo questa emozione, dove la sentirebbe?
Cliente: Qui, sulla bocca dello stomaco, sul diaframma.
Counselor: Che nome darebbe a questa emozione?
Cliente: Rabbia, paura, tristezza, malinconia…
Counselor: Che immagine le viene in mente?
Cliente: Una pietra grigia che mi opprime… proprio lì. Come se fosse una bomba… tonda… Si muove tutto attorno al diaframma.
Counselor: Quella pietra ci sta nascondendo una “parola”, una emozione… Vuole che proviamo a fare un lavoro sulle nostre ombre che ci bloccano?
Cliente: Si

In questo caso, forse rischiando, il nostro “diavolo custode” ha dato il meglio di sé, non lasciando spazi lunghi di riflessione ed incalzando continuamente per arrivare al nucleo del problema.
“Spietato” lascia fluire le “intuizioni” che il campo energetico tra counsleor e cliente ha fatto emergere e come un bisturi che si muove a cavallo tra la compassione e l’emergenza del momento propone una meditazione guidata per individuare i primi aspetti in ombra.

  • Di cosa ho più paura.
  • Quali aspetti della mia vita hanno bisogno di essere trasformati.
  • Di cosa ho più paura che un altro possa scoprire di me.
  • Cosa ho più paura di scoprire di me stessa.
  • Quale è la bugia più grande che mi sono raccontata.
  • Di quale parte di me stessa ho più vergogna.
  • Di cosa ho bisogno per essere completa.
  • Di cosa ho bisogno per essere completamente felice.

Successivamente, tramite l’utilizzo della Kiniesologia, si effettua una verifica sulla domanda delle 5 che rende più debole il sistema.
Quella che emerge è “Che cosa ho più paura di scoprire di me stessa”

A questo punto, tramite l’utilizzo della Integrazione Neuro Emozionale, si individua a quale organo appartiene quella emozione

  • Fegato – Amarezza – Non poter perdonare
  • Emozione di altri
  • Rapporti con il sé superiore – Spiritualità – Magia

Qui emerge un episodio con un cartomante che ha individuato una persona che ha fatto del male a sua madre e che lei non perdonerà mai (una persona del nucleo familiare ha parlato malissimo di sua madre). Il cartomante ha detto che la persona aveva gelosia ed odio nei confronti di lei e di sua madre. Sua madre ha sofferto per questi attacchi verbali. Lei imputa una parte della causa della malattia di sua madre (che poi l’ha portata alla morte) a tali atteggiamenti di questa persona persona cattiva che ha fatto del male anche ad altre persone.
Il valore profondo che lei sente violato è il “Rispetto”

Cliente:”Mia madre ha subito tanto da lei tenendosi tutto dentro. Non riesco a perdonarla perché farei un torto a mia madre. Non la perdonerò mai, mai, mai…”

Proseguendo con la Time Line, emerge una assonanza con un periodo della sua vita che ha a che fare con il rispetto violato attorno a 11 anni. Anche se lei non si ricorda un episodio particolare di quel periodo, procediamo con l’integrazione Neuro Emozionale.
Purtroppo il perdono è un osso difficile da digerire…
Vengono indicati tre temi da approfondire:

  • “Perché ho bisogno di mantenere alto questo bisogno di risentimento?”
  • “Vale la pena usare tutte queste risorse per mantenere alta questa diga?”
  • “Come sarebbe stata la mia vita senza questo peso?”

Il gioco di specchi è stato infranto.
L’effetto Morgana sparito e la cliente, adesso, è vestita soltanto con il suo bicchiere…

 

“E la pulce d’acqua che lo sa l’ombra ti renderà” (81
)

Conclusioni

A questo punto, l’ombra dovrebbe essere diventata meno scura… e forse, ne possiamo iniziare ad apprezzare la sua forza che, una volta messa al servizio, riesce a definire meglio il profilo della personalità.
In natura la funzione dell’ombra può essere quella sia di nascondere che di refrigerare. Ed è in questa sottile distinzione che dobbiamo operare affinché avvenga un processo efficace di trasformazione dal mal-essere.
Nel momento in cui riusciamo a facilitare il processo per il raggiungimento della fonte dell’ombra che delimita la profondità dell’essere, mettiamo in condizione la persona di ritrovare il suo ben-essere.
Un ben-essere che non ha più niente a che fare con il disamoramento verso il profondo dell’Io, ma torna ad essere un innamoramento di quello che stiamo vivendo (a meno che, a quel punto, non si scelga volutamente di non seguirlo).

Forse gli “antichi”, avendo una concezione più spirituale (e quindi quantica?) dell’uomo, ne avevano più consapevolezza di quanto ne possiamo avere noi oggi, anche se con questa nuova fisica di frontiera che assomiglia sempre di più ad una fisica di coscienza ci stiamo avvicinando al riuscire a definirla quasi matematicamente.

Gli ultimi esempi di colloqui possono, anche se in modo non statisticamente esaustivo visto il loro numero (su un totale di una ventina di clienti), evidenziare di come un uso “dosato” dell’ombra possa riuscire a velocizzare il processo tra counselor e cliente, e possono rappresentare una traccia di lavoro che nel tempo potrà essere ulteriormente approfondita e verificata.
Ovviamente non sempre è necessario e non sempre è fattibile, ma laddove si presenti tale possibilità, diventerebbe uno spreco il non utilizzarla.
Il concetto di integrazione dell’ombra comporta comunque una intensità di rapporto con il cliente che può essere esplicato solo quando le condizioni a contorno sono quelle giuste.

Essere nel “qui ed ora” non deve essere una scusa per chiudersi a chi abbiamo davanti.
La concentrazione nell’ascolto deve far “passare” che quello che abbiamo davanti è uno specchio in cui il gioco di riflessione continua sino a quando non si ha più niente di nostro ma diventa soltanto uno specchio al servizio.
La disposizione al servizio funziona solo quando non è presente l’Ego e l’Io, ma solo quando il Sé si incontra con gli altri Sé.
Solo in quel momento avviene la magia dell’atto “risolutore” pescato dalla “cassetta di attrezzi” che abbiamo a disposizione.
Solo “spogliandosi” dei “meriti” possiamo accettare, capire e provare a modificare le critiche portate all’Io ed all’Ego.
Stando attenti, tali “critiche” le possiamo vedere ed intervenire affinché il Sé possa veramente agire in tempo reale.

Se non c’è una vera compassione, se non c’è un vero amore per quello che viene fatto (la “carità” iniziale di S. Paolo), se non c’è una disposizione al servizio, se non c’è una profonda conoscenza dei nostri inferi, forse è meglio lasciar perdere… perché potrebbero manifestarsi degli atteggiamenti difficilmente gestibili in un normale setting.

Un ombra repressa, può urlare in modo molto forte quando viene messa allo scoperto. Ed è in quel momento e solo in quel momento che il counselor ha l’opportunità di aiutare il cliente a dargli una dignità che sino a quel momento non gli era stata riconosciuta e che gli può fornire una grande energia in più.

 

Note

(1) Dizionario Treccani

(2) Mario Trevi ed Augusto Romano “Studi sull’ombra”. Pag. 111 – Ed. Raffaello Cortina Editore – 2009

(3) “Studi sull’ombra”. Op. Citata. Pag. 111

(4) “Studi sull’ombra”. Op. Citata. Pag. 123

(5) http://it.wikipedia.org/wiki/Intuizione_intellettuale

(6) Ogni insieme complesso ed organizzato di attività di un individuo (animale superiore o uomo), che comprende anche sogni, esperienze mistiche nell’uomo, stati alterati della coscienza ed altro, possiede una sua struttura: questi stati mentali e queste attività possono essere trasferiti da un individuo all’altro, proprio grazie al meccanismo di risonanza morfica – http://it.wikipedia.org/wiki/Rupert_Sheldrake

(7) La Sincronicità è un’ipotesi introdotta dallo psicoanalista Carl Gustav Jung nel 1950 per spiegare la contemporaneità di due eventi complessi connessi in maniera acausale: definisce la coincidenza di due o più eventi atemporali (non sincroni), legati da un rapporto di analogo contenuto significativo.La teoria della sincronicità non ha valenza scientifica, ma psicologica. – http://it.wikipedia.org/wiki/Sincronicità

(8) “Esterno, palese, pubblico, detto di una dottrina o di una prassi che può essere conosciuta anche dai profani” – Dizionario Treccani. Versione iPad

(9) Israel Regardie, “La magia della Golden Dawn. Vol. 1”. Pag. 123. Ed. Mediterranee Roma. 1979

(10) Una delle quali anche in “Sepher Yetzirah – Il libro della formazione “ di Georges Lahy. Ed. Venexia. Pag. 112 – 2006

(11) “Di dottrine e rituali riservati ai soli iniziati e la cui conoscenza non è comunicata ai profani”. – Dizionario Treccani. Versione iPad

(12) Le Sefirot nella Cabala ebraica sono le dieci modalità o gli “strumenti” di Dio (a cui ci si riferisce con Or Ein Sof, “Luce Senza Limiti”) attraverso cui l’Ein Sof (l’Infinito) si rivela e continuativamente crea sia il reame fisico che la Catena dei Reami metafisici superiori (Seder hishtalshelus) – .http://it.wikipedia.org/wiki/Sephirot

(13) Lenain. “La Magia Divina”. Pag. 42. Ed. Rebis. 2005

(14) Sebastiano Fusco – “La Chiave di Salomone” – Nota 5 a pag. 34 – Ed. Venexia. 2006

(15) “La Chiave di Salomone” – Op. citata, Nota 20 pag. 99

(16) Tratto dal Pastore di Erma – L’angelo della giustizia e l’angelo della iniquità

(17) Carol S. Pearson. “Risvegliare l’Eroe dentro di noi – Dodici archetipi per trovare noi stessi”. Ed. Astrolabio 1991

(18) Connie Zweig e Steve Wolf “Il volto nascosto dell’anima – Capire l’ombra che è in noi” – Ed. Rizzoli 1997

(19) “Studi sull’ombra”. Op. Citata. Pag. 25

(20) C.G. Jung, Energia psichica (1928), tr. it. in Opere, vol. VIII, Boringhieri, Torino, 1976

(21) Massimo Teodorani. “Sincronicità”. Pag. 10 – Ed. Macro Edizioni. 2006

(22) “Sincronicità” – Op. citata pag. 37

(23) Martin Buber – “I Racconti dei Chassidim” – Ed. Garzanti Milano, 1979 – Citazione in “Studi sull’ombra” Op. Citata – pag. 1

(24) “Studi sull’ombra”. Op. Citata. Pag. 6 e seguenti.

(25) C.G. Jung – “Psicologia dell’inconscio” tr. it in Opere, vol. VI Boringhieri, Torino 1969 – Nota citata in “Studi sull’ombra”. Op. Citata (pag. 8)

(26) “Psicologia dell’inconscio”. Op. Citata- Nota in “Studi sull’ombra”. Op. Citata (pag. 11)

(27) “Studi sull’ombra”. Op. Citata. Pag. 16.

(28) “Il volto nascosto dell’anima”. Op. Citata. Pag. 11

(29) C.G. Jung in “Ricordi, Sogni, riflessioni” Ed. Rizzoli. 1978 – In Op. Citata “Il volto nascosto dell’anima” pag. 15

(30) C.G. Jung in “Collected Work” Vol. 10 p. 215 – In Op. Citata “Il volto nascosto dell’anima” pag. 46

(31) C.G. Jung in “Collected Work” Vol. 91 p. 22 – In Op. Citata “Il volto nascosto dell’anima” pag. 47

(32) http://educaweb.altervista.org/content/view/27/9/

(33) Vangelo di Luca, Cap. 6 versetto 42. La Bibbia di Gerusalemme. Ed. EDB 2008.

(34) Angelo Branduardi. Canzone “La Pulce d’acqua” – 1977

(35) Paulo Coelho – “Il Cammino di Santiago”, 1987. Titolo originale, “O Diario de Um Mago”. Tr. it. Bompiani 2001

(36) I seguenti punti sono tratti da: “Il volto nascosto dell’anima”. Op. Citata. Pag. 48

(37) “Risvegliare l’Eroe dentro di noi “. Pag. 13. Ed. Astrolabio 1991

(38) Joseph Campbell. “Riflessioni sull’arte di vivere”. Pag. 62. Ed. TEA 1991

(39) Pubblicità “Think Different – The Crazy Ones” di Apple Computer 1997 – Testo letto in italiano da Dario Fo

(40) Tratta da un ciclo di seminari sul “Viaggio Eroico” tenuti da Miten Veniero Galvagni, Arnava Marzia Prandi, Prayoga Laura Beccaluva presso la AIET di Reggio Emilia nel 2003/2004.

(41) “Risvegliare l’Eroe dentro di noi”. Op. citata. Pag. 29

(42) Jovanotti – Dalla canzone “Safari” – 2008

(43) C.G. Jung “I problemi della psicoterapia moderna” (1929) tr. it. in “Opere”, vol. XVI Boringhieri, Torino 1981. Nota citata in “Studi sull’ombra”. Op- Citata. Pag. 22

(44) Raffaele Pettazzoni, “La confessione dei peccati”, Forni, Bologna 1929-1936 – Nota citata in “Studi sull’ombra”. Op. Citata. Pag. 22

(45) C.G. Jung, “Psicologia e alchimia”, Ed. Bollati Boringhieri, 2006

(46) “Studi sull’ombra”. Op. Citata. Pag. 30

(47) C.G. Jung, “Psicologia e alchimia”. Op. Citata

(48) “Il volto nascosto dell’anima”. Op. citata. Pag. 321

(49) “Il volto nascosto dell’anima”. Op. citata. Pag. 321

(50) http://it.wikipedia.org/wiki/Padre_nostro

(51) Vangelo di Matteo, Cap. 22 versetto 14. La Bibbia di Gerusalemme. Ed. EDB 2008.

(52) Esodo, Cap. 4 versetti 21-23. La Bibbia di Gerusalemme. Ed. EDB 2008.

(53) Tratto dall’articolo “Il cuore nella Bibbia” in “La Domenica”. Ed. San Paolo del 22/06/14

(54) Vangelo di Marco, Cap. 7 versetti 21-23. La Bibbia di Gerusalemme. Ed. EDB 2008.

(55) Cristian Flèche. “Decodifica biologica delle malattie”. Pag. 31. Ed. Amrita 2008

(56) “Studi sull’ombra”. Op. Citata. Pag. 23.

(57) Saggio “Uber Wiedergeburt” citato in Mario Trevi e Augusto Romano “Studi sull’ombra”. Pag. 24. Raffaello Cortina Editore 2009

(58) “Capacità di mettersi in contatto con un’altra persona, immedesimandosi sino a coglierne gli stati d’animo. Tale termine è stato utilizzato inizialmente nell’ambito dell’estetica romantica per spiegare la risonanza interiore provocata dal bello, dagli oggetti estetici. Lipps ha affermato che nel processo di empatia, pur conservando la propria identità come separata, l’uomo attiva processi di imitazione e proiezione, per cui vive nell’oggetto o nella persona in cui si immedesima. Diversamente dalla razionalità, la quale si fonda sulla comprensione di contenuti derivati gli uni dagli altri, secondo le regole della logica, l’empatia rende possibile comprendere i contenuti delle idee come scaturiti da stati d’animo, desideri e timori di chi pensa (Jaspers). In psicologia, Rogers ha studiato l’importanza dell’empatia nel rapporto terapeutico, in cui la comprensione non avviene a livello gnosico bensì patico: solo con l’estensione della propria esperienza possono essere valutate le emozioni che non appartengono ai propri vissuti. Nel caso di gravi patologie psichiatriche, infatti, risulta difficile stabilire un’empatia, criterio utilizzato anche a fini diagnostici. Freud considera l’empatia un sinonimo di immedesimazione, punto finale di un percorso che va dall’identificazione, all’imitazione, per arrivare in uno stato empatico attraverso il quale possiamo accedere ai processi della vita psichica dell’altro estranei alla nostra esperienza diretta. Si differenzia dall’intuizione in quanto questa riproduce immagini mentali, mentre l’empatia comprende sensazioni, affetti e impulsi: l’intuizione mette insieme gli elementi afferrati per empatia” – Dizionario di scienze psicologiche a cura di Mauro Maldonato. Ed. Simone – Versione 1.2 per iPad

(59) “È la tua ultima occasione, se rinunci non ne avrai altre. Pillola azzurra, fine della storia: domani ti sveglierai in camera tua, e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie, e vedrai quant’è profonda la tana del bianconiglio. Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo. Niente di più.” Dal film Matrix. 1999. Dialogo tra Morpheus e Neo.

(60) Dal film Matrix. 1999. Dialogo tra Morpheus e Neo.

(61) Riportato in: Massimo Teodorani. “Bohm la fisica dell’infinito”. Pag. 86. Macro Edizioni – 2006

(62) “Sincronicità”. Op. Citata. Pag. 25.

(63) “Termine-chiave della teoria junghiana. Indica le forme, i modelli, le figure, le immagini primordiali dell’esperienza universale dell’umanità, presenti nell’inconscio collettivo, come sedimento delle esperienze antropologiche e al contempo forma strutturante delle stesse. Sul piano clinico, l’a. si palesa solo quando l’Io è più vulnerabile. Jung ha posto gli a., come gli istinti, a metà strada tra il somatico e lo psichico, in quanto da una parte affondano le proprie radici nell’istinto, dall’altra palesano un lato immaginifico. Come immagini di reazioni istintive sono psichicamente necessarie a taluni eventi che, evitando la coscienza, sono motivo di situazioni intese come necessità psichiche. Pressoché infiniti sono i diversi tipi di a., alcuni lontani dalla coscienza come l’a. dello spirito (il Vecchio Saggio, la Magna Mater), dell’anima, del Sé, che è il più importante secondo Jung, altri immanenti a essa, come l’ombra e la persona. È possibile inoltre stabilire una successione di gradi degli a., a seconda che siano comuni a tutta l’umanità o a un gruppo più o meno esteso di individui. Si incontrano gli stessi motivi in tutte le tradizioni e riti religiosi, favole, miti e leggende, di cui costituiscono i contenuti essenziali, avendo come referente il patrimonio storico-culturale della civiltà d’appartenenza o universale. Ercole che uccide il drago, il peccato originale, la maternità della Vergine e tantissimi altri temi mitologici sono infatti percorsi psichici in forma simbolica. D’altra parte, sono presenti anche a livello individuale nei sogni, nelle fantasie, nei deliri e nelle intuizioni. Emerge da ciò l’idea di una psiche oggettiva, intesa come il risultato delle esperienze vissute da quanti ci hanno preceduti, acquisita per via ereditaria, che consente a ogni gruppo etnico di rispondere con modalità espressive e comportamentali simili a fatti universali, come la nascita, la morte, l’amore etc. Jung sottolinea che vengono ereditate non le immagini, bensì la possibilità di strutturare certe rappresentazioni ed esperienze. È il percorso analitico ad accrescere il grado di consapevolezza dell’individuo in merito alla realtà archetipica, che gli permette di cogliere quanto di extrabiografico, di arcaico vi sia in essa”. – Dizionario di scienze psicologiche a cura di Mauro Maldonato. Ed. Simone – Versione 1.2 per iPad

(64) “La Sincronicità è un’ipotesi introdotta da Carl Gustav Jung nel 1950 per spiegare la contemporaneità di due eventi complessi connessi in maniera acausale: definisce la coincidenza di due o più eventi atemporali (non sincroni), legati da un rapporto di analogo contenuto significativo. La teoria della sincronicità non ha valenza scientifica, ma psicologica”. – http://it.wikipedia.org/wiki/Sincronicità

(65) “Sincronicità”. Op. Citata Pag. 18.

(66) Frase di Bohm riportata da Massimo Teodorani. “Cronovisore”. Pag. 40. Macro Edizioni – 2006

(67) “Bohm la fisica dell’infinito”. Op. Citata Pag. 17.

(68) “L’entanglement quantistico o correlazione quantistica è un fenomeno quantistico, privo di analogo classico, in cui ogni stato quantico di un insieme di due o più sistemi fisici dipende dallo stato di ciascun sistema, anche se essi sono spazialmente separati. Viene a volte reso in italiano con il termine “non-separabilità”. Esso implica la presenza di correlazioni a distanza tra le quantità fisiche osservabili dei sistemi coinvolti, determinando il carattere non locale della teoria. Il termine “entanglement” (letteralmente in inglese groviglio, intreccio) fu introdotto nel 1935 da Erwin Schrödinger, in una recensione del famoso articolo sul paradosso EPR”. http://it.wikipedia.org/wiki/Entanglement_quantistico

(69) “Sincronicità”. Op. Citata . Pag. 95.

(70) http://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_EPR

(71) Fabio Marchesi. “La fisica dell’Anima”. Pag. 27. Ed. Tecniche Nuove – 2006

(72) “Il Teorema di Bell afferma, nella forma più immediata, che nessuna teoria fisica locale e realistica a variabili nascoste può riprodurre le predizioni della meccanica quantistica. Considerato come un importante contributo a favore della meccanica quantistica, in particolare del suo carattere controintuitivo nel rifiuto del realismo locale, tocca questioni fondamentali per la filosofia della fisica moderna”. http://it.wikipedia.org/wiki/Teorema_di_Bell

(73) “La fisica dell’Anima”. Op. Citata . Pag. 27.

(74) “Sincronicità”. Op. Citata . Pag. 98.

(75) “Il principio di indeterminazione, scoperto e definito da Werner Heisenberg nel 1927 sconvolgendo profondamente la conoscenza scientifica dell’epoca, dimostra che l’osservazione di un fenomeno condiziona e modifica il fenomeno stesso. Letteralmente afferma che attraverso l’osservazione non è possibile conoscere, contemporaneamente, sia la posizione sia la direzione in cui si muove una particella subatomica; sostanzialmente dimostra che: “Non è possibile conoscere la realtà attraverso l’osservazione”. Questo principio compromette in modo inequivocabile la possibilità di utilizzare l’osservazione di un fenomeno come prova certa della sua verità. La verità, pertanto, può essere solo immaginata e considerata in termini di probabilità, perché quello che osserviamo non è la verità ma il risultato dell’interazione tra un fenomeno e l’osservazione del fenomeno stesso che non può non modificarlo”. Da “La fisica dell’Anima”. . Op. Citata. Pag. 21

(76) “La fisica dell’Anima”. Op. Citata . Pag. 211.

(77) Ligabue – Canzone “Bambolina e barracuda” – 1990

(78) Tale fenomeno, che può essere osservato a terra o in mare, nelle regioni polari o nei deserti, distorce enormemente l’oggetto (o gli oggetti) su cui agisce il miraggio, tanto da renderli insoliti e irriconoscibili. Può riguardare qualsiasi tipo di oggetti “distanti”, come isole, coste o barche. Il soggetto è mostrato in rapida evoluzione, in posizioni diverse da quelle originarie, in una visione che può passare senza soluzione di continuità dalla compressione all’allungamento. http://it.wikipedia.org/wiki/Fata_morgana_(ottica)

(79) Angelo Branduardi. Dalla canzone “La Pulce d’acqua” – 1977