Il senso di “lutto” non deve essere solo inteso nei confronti di persone che non sono più su questo piano di realtà, ma anche nei confronti di un qualcosa che si è “rotto”, non per nostra volontà, e di cui noi ne stiamo subendo le conseguenze (una relazione di lavoro, di amore, di amicizia, ecc.).
Anche se l’esperienza del dolore è una parte inevitabile e naturale del processo di guarigione, in certi casi si può prolungare ed aggravare inutilmente, combinandola così con sensi di colpa (“potevo fare di più?”, “potevo fare qualcosa di diverso?”), rimorsi (“potevo almeno avergli detto che…”, “se avessi fatto quello che desiderava e che in quel momento mi stava peso….”, ecc.), rabbia (“Non è giusto che sia andata così!”, “Perché proprio ad essa/o?”, “Perché proprio a me?”, “Dio perché hai permesso questo?”, ecc.), ed altre emozioni negative (“come posso farcela da sola/o?”, “Mi sembra tutto così duro…”, ecc.).
La dottoressa Elisabeth Kübler Ross ha elaborato un modello a cinque fasi che permette di capire le dinamiche mentali più frequenti della persona a cui è stata diagnosticata una malattia terminale, ma che è stato constatato valido ogni volta che ci sia da elaborare un lutto affettivo, lavorativo, ecc.
Il suo è un modello a fasi, e non a stadi, per cui le fasi possono anche alternarsi, presentarsi più volte nel corso del tempo, con diversa intensità, e senza un preciso ordine, dato che le emozioni non seguono regole particolari, ma anzi come si manifestano, così svaniscono, magari miste e sovrapposte.
1. Fase della negazione o del rifiuto
Questa fase è caratterizzata dal fatto che la persona, usando come meccanismo di difesa il rigetto dell’esame di realtà, ritiene impossibile di avere davvero subito quella perdita. Il processo di rifiuto della verità può essere funzionale per proteggerlo da un’eccessiva ansia di morte e per prendersi il tempo necessario per organizzarsi.
2. Fase della rabbia
Dopo la negazione iniziano a manifestarsi emozioni forti quali rabbia e paura, che esplodono in tutte le direzioni. La frase più frequente è, perché proprio a me? È una fase molto delicata dell’iter psicologico e relazionale.
Rappresenta un momento critico che può essere sia il momento di massima richiesta di aiuto, ma anche il momento del rifiuto, della chiusura e del ritiro in sé.
3. Fase della contrattazione o del patteggiamento
In questa fase la persona inizia a verificare cosa è in grado di fare, ed in quale progetti può investire la speranza, iniziando una specie di negoziato, che a seconda dei valori personali, può essere instaurato sia con le persone che costituiscono la sfera relazione del paziente, sia con le figure religiose. In questa fase, la persona riprende il controllo della propria vita, e cerca di riparare il riparabile.
4. Fase della depressione
Rappresenta un momento nel quale il paziente inizia a prendere consapevolezza delle perdite che sta subendo o che sta per subire e di solito si manifesta quando la malattia progredisce ed il livello di sofferenza aumenta.
5. Fase dell’accettazione
Quando la persona ha avuto modo di elaborare quanto sta succedendo intorno a lui, arriva ad un’accettazione della propria condizione ed a una consapevolezza di quanto sta per accadere o è accaduto; durante questa fase possono sempre e comunque essere presenti livelli di rabbia e depressione, che però sono di intensità moderata. In questa fase tende ad essere silenzioso ed a raccogliersi, inoltre sono frequenti momenti di profonda comunicazione con i familiari e con le persone che gli sono accanto. È il momento dei saluti e della restituzione a chi è stato vicino al paziente.
L’elaborazione di un lutto non è mai una passeggiata… Possiamo cercare di essere forti quanto ci pare, ma ci saranno sempre dei momenti in cui non potremmo fare a meno di aver bisogno di annusare l’aria e sentire anche l’odore della persona che adesso non è più in questo nostro piano di realtà… (ma anche della persona che ci ha lasciato, del rapporto di lavoro che si è interrotto, ecc.) Purtroppo sta solo a noi dare la “giusta” collocazione nel nostro cuore e nella nostra mente di quel vuoto che sentiamo… È una spirale che a volte si abbassa e poi improvvisamente si riacutizza… Ed è nel momento in cui è bassa che possiamo immagazzinare tutte le risorse necessarie per affrontare quando sarà più alta….
Solo il tempo… può aiutare.
Quel tempo che talvolta passa lento ed interminabile quando siamo nel dolore… e lo stesso tempo che passa veloce nei momenti felici!
Per qualsiasi ulteriore chiarimento o approfondimento, scrivimi a “franco@iltuocounselor.it”
Fonti:
Materiale didattico della scuola di Counselor Il Cerchio dell’esperienza – Firenze
https://it.wikipedia.org/wiki/Elisabeth_Kübler_Ross
5 Comments
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Ma se nel “lutto” c’è Di mezzo un figlio, e solo tu vuoi fare questo Lavoro come fai a costruire un rapporto nuovo condiviso e sereno?
Una Vita consapevole non la cercano tutti!!!
In questo caso si tratta, prima di tutto, di identificare “chi” vive veramente il lutto e se il lutto è già “avvenuto”. Altrimenti siamo ancora alla fase precedente al lutto e le indicazioni che sono riportate nell’articolo non sono del tutto attivate. Un lutto presuppone comunque una totale assenza di “contatto” (o estremamente limitata nel caso di rottura della coppia).
Buon giorno , Lei mi sembra una persona molto competente !
io ho subito un ‘ lutto’ ……mia moglie mi ha lasciato senza volermi spiegare il ‘ perchè’
ed ha chiesto il divorzio …
sono solo con un figlio grande ( 24) avuto dal mio primo matrimonio .
non riesco ad arrendermi all’evidenza !
grazie per il Suo sostegno !
Giovanni Busoni
Salve Giovanni.
In effetti anche quello lo possiamo considerare un lutto da elaborare…
Se pensa che posso essere di aiuto, mi scriva pure una mail e cercherò di risponderle al meglio.
Un cordiale saluto, Franco